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lunedì 14 marzo 2011 - 12:05

Lavoriamo per offrire il meglio

Intervista alla dott.sa Luisa Calliari neuropsichiatra infantile del Paese di Oz
 
Lavoriamo per offrire il meglio
 
Trent'anni di esperienza, un'equipe medica professionale, strutture adeguate per accogliere persone con problematiche complesse, personale preparato per affrontare situazioni delicate, connessione e continuità tra i percorsi riabilitativi e quelli educativi: sono queste alcune delle caratteristiche che fanno del Centro "Il Paese di Oz" una risorsa preziosa per il territorio trentino e un punto di riferimento per le famiglie che hanno al loro interno una persona affetta da disabilità. Nato nel 1981 come articolazione dell'Anffas, il Centro si occupa di bambini con difficoltà croniche, aiuta loro e le rispettive famiglie a vivere nel miglior modo possibile la disabilità. La dottoressa Luisa Calliari è neuropsichiatra infantile e da sei anni collabora con il Centro.  E' lei a raccontarci come si articolano i servizi offerti da "Il Paese di Oz", quali i percorsi già avviati e le aspettative per il futuro.
“Il Paese di Oz, quando è nato come centro abilitativo nel 1981, si rivolgeva a bambini e ragazzi affetti da sindrome di Down. In seguito, nel 1990, la scelta della direzione e della presidenza dell’Anfas e dell’equipe dei riabilitatori di allora è stata di aprire il centro anche a bambini con disabilità diverse.
Per cui adesso, poco meno della metà dei nostri utenti è affetta dalla sindrome di down, mentre il 58 % ha altre patologie. Si tratta di disabilità che in quasi la totalità dei casi implicano una difficoltà di tipo cognitivo, a carico dell’intelligenza e del pensiero. Un’altra caratteristica dei nostri utenti è che presentano sempre una lesione al sistema nervoso centrale, a volte riconosciuto e noto, a volte invece supposto e non esattamente individuato. Per questo spesso i bambini dei quali ci occupiamo hanno una situazione clinica complessa e quasi sempre cronica, per cui migliorano nel corso del tempo ma non guariscono mai del tutto”.  
Attualmente gli utenti del Centro sono 152: di questi 26 sono giovani adulti che partecipano a progetti di tipo educativo nella struttura del “Cresciamo insieme”. Nella sede in via Aosta invece vengono ospitati gli altri 126 utenti che seguono percorsi non solo educativi ma anche riabilitativi. 96 bambini frequentano la parte riabilitativa, 22 quella educativa del “Centro avanti”, e 8 entrambe contemporaneamente.
Ma qual è l’approccio di chi lavora nel Centro nei confronti degli utenti?
“Il nostro è un approccio ad una patologia complessa. Le difficoltà, molto spesso, non sono circoscritte né compromettono solo un aspetto della vita del bambino, bensì lo coinvolgono nella sua unità e nella sua psiche, nelle sue relazioni con la famiglia e con gli altri. Partendo da questa considerazione, il nostro approccio lo potremmo definire, tecnicamente, olistico ed ecologico. Con il termine olistico mi riferisco al fatto che cerchiamo di prenderci cura di tutti gli aspetti, fisici, cognitivi ed emotivi, della vita del bambino, considerando la sua persona e il suo corpo nella complessità. L’approccio ecologico pone invece attenzione all’ambiente dove il bambino vive; ambiente che a volte può rappresentare un ostacolo ma che può anche diventare una risorsa per l’utente affinché quest’ultimo possa dare il meglio di sé. I nostri interventi quindi non sono solo sul bambino ma anche sugli spazi fisici in cui egli agisce, per mettere a sua disposizione oggetti, arredi e strutture adeguati e cercare così di fargli vivere nella maniera migliore possibile le sue relazioni, come ad esempio a scuola. La nostra attenzione è poi rivolta a chi interagisce con il bambino e quindi offriamo sostegno ai familiari, agli insegnanti, agli educatori.  Tutto questo può sembrare un progetto molto ambizioso, ma noi puntiamo in alto perché a chiedercelo sono le famiglie che da sole incontrano difficoltà a districarsi tra i vari servizi offerti dal welfare della Provincia. Soprattutto negli ultimi anni coloro che si rivolgono al Paese di Oz vogliono trovare un posto dove poter portare tutti i vari aspetti della disabilità del loro bambino ed essere accompagnati nell’affrontare tutte le difficoltà e le situazioni che vivono quotidianamente. Il nostro approccio proprio per questo può definirsi di “presa in carico”, vale a dire che noi andiamo oltre l’aziendalizzazione dei servizi, non eroghiamo semplicemente prestazioni sanitarie specialistiche  ma realizziamo un progetto complessivo che coinvolga anche la famiglia del bambino. Il nostro sostegno prosegue anche dopo, quando il percorso riabilitativo è terminato, per  non lasciare le famiglie sole. Tutto questo grazie a figure professionali specializzate che lavorano con noi e alla consapevolezza di dover operare in rete con le altre strutture pubbliche e private del territorio”.
 
Come si articolano le attività di riabilitazione e quelle educative?
“Perle prime ci sono percorsi fisioterapici, psicomotori, logopedici e di terapia occupazionali che possono essere sia individuali che di piccolo gruppo.
Solitamente le prime tre attività abbracciano bambini con un’età da zero a 12 anni mentre la terapia occupazionale si rivolge anche ai bambini un po’ più grandi che abbiano anche 14 anni. I progetti educativi invece, che chiamiamo Centro Avanti, li proponiamo ai ragazzini più grandi, che frequentano la terza media e le scuole superiori. Sono attività che si svolgono in piccoli gruppi, e prevedono una permanenza più prolungata nel nostro centro. Sono volti essenzialmente a far maturare un saper essere e un saper fare. Il saper essere è inteso come un’acquisizione di una maggiore autonomia nella vita quotidiana, nella cura della persona e nell’orientamento in città. Per il saper essere sono avviate iniziative di supporto allo sviluppo dell’identità in modo che i ragazzi riescano a sviluppare un’identità e una consapevolezza di sé, delle proprie capacità e dei propri limiti. Negli ultimi anni inoltre, proprio a fronte del cambiamento delle richieste e delle esigenze della nostra utenza, abbiamo attivato progetti educativi individualizzati per i più piccoli, delle scuole elementari”.
 
Quali sono i prossimi obiettivi che si pone il Centro per i prossimi anni?
“Da una parte ci rendiamo conto che le scoperte scientifiche ci offrono possibilità di intervento e di aiuto per i ragazzi disabili sempre più valide, ricche ed efficaci, mirate al problema del ragazzo. Più che obiettivo il sogno futuro sarebbe quello di poter offrire ad ogni ragazzo e ad ogni famiglia il meglio, anche integrando alcune figure professionali nuove all’interno dell’equipe; figure che si stanno delineando in questi anni. Contemporaneamente sappiamo che questo sogno deve fare i conti con il senso del limite, anche a livello di risorse economiche che la nostra società in questo momento sta vivendo. Sappiamo che i progetti non si possono fare solo con i sogni ma anche con i mezzi concreti che abbiamo a disposizione. Da una parte penso che ciascuno di noi dovrebbe saper sognare ma anche sapersi dare un limite ed essere contento di quello che riesce a realizzare, e credo che nessuno più delle famiglie e degli operatori che lavorano con loro abbia la consapevolezza del limite della condizione umana. Dall’altra, proprio perché è bello e importante sognare, vorrei lanciare un appello affinché si possano trovare ed inventare con creatività canali diversi per avere quelle risorse che dalle strade pubbliche, che ben conosciamo, non possono arrivare all’infinito”.
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